Guardie o prigionieri?

L’esperimento carcerario di Stanford (Zimbardo, 1999) era stato volto ad osservare quali fossero le conseguenze psicologiche legate al fatto di ricoprire un determinato ruolo

: prigioniero o guardia. Seguendo un protocollo di ricerca ben ordinato fu selezionato un campione di 24 partecipanti accertando l’assenza di problemi psicologici o fisici, tutti studenti che rientravano nei canoni della normalità. L’assegnazione del ruolo fu fatta casualmente. L’esperimento fu realizzato nei locali sotterranei dell’università. La simulazione prevedeva il coinvolgimento degli organi di polizia che iniziarono l’esperimento procedendo ad un “arresto” dei futuri prigionieri con accuse di furto con scasso e rapina a mano armata. Dall’arresto in poi venivano seguite le solite procedure di spersonalizzazione: perquisizione, disinfezione, attribuzione di una uniforme con il numero, una calza come berretto (per simulare il taglio dei capelli) e per accentuare la sensazione di prigionia una catena al piede. Le guardie non ricevettero particolare addestramento salvo le raccomandazioni di rispettare e far rispettare le regole. L’abbigliamento era costituito da una uniforme colo cachi, un manganello (vero), un fischietto e un paio di grossi occhiali a specchio.
Gli eventi inaspettati dell’esperimento iniziarono già dopo appena 24 ore. Una rivolta dei “detenuti” scatenò un risentimento diffuso e molto aggressivo nelle “guardie”, che si coordinarono e decisero di rispondere con le “maniere forti”. Da questo punto in poi le azioni vessatorie aumentarono sempre più come le punizioni, i favoritismi e le violazioni della sfera personale. Dopo appena 36 ore dall’inizio dell’esperimento un “prigioniero” cominciò a manifestare disturbi emotivi acuti: qui comincia la cosa più sbalorditiva dell’esperimento, poiché i consulenti invece di comprendere la difficoltà rimproverarono il poveretto per non aver resistito abbastanza! Per la decisione circa la sua liberazione occorsero molte grida del ragazzo. Ancora più sbalorditivo fu quello che accadde il giorno seguente, quando dopo la “liberazione” e le visite dei familiari (che si dissero contrariati da tutto ciò, ma senza sottrarsi alle regole proposte) si sparse la voce che si stava preparando un tentativo di fuga dei “prigionieri”. Non solo le guardie ma lo stesso Zimbardo si adoperarono per sventare l’evento, ormai immersi nel ruolo di carcerieri e non più legato a quello di ricercatori sociali. L’attenzione alla gestione della struttura fu tale che per un giorno tutte le forze furono orientate a tale scopo “dimenticando” le registrazioni fondamentali per l’esperimento scientifico in corso. Furono cercati informatori all’interno del gruppo dei “prigionieri” e addirittura cercato il supporto della polizia per trasferire l’esperimento in una sede più sicura! Il ricercatore riporta anche la visita di un collega che lo irritò per aver chiesto quale fosse la variabile indipendente dell’esperimento: ormai pensava solo alla sicurezza della propria struttura carceraria. La pressione sui “prigionieri” aumentò con molti episodi di umiliazione e di abuso, dopo qualche giorno le “guardie” avevano il totale controllo sugli altri. È curioso osservare che nessuna delle “guardie” (che divenivano sempre più sadiche) chiese di allontanarsi dall’esperimento mentre 5 “prigionieri” manifestarono disturbi emotivi; nessuno del gruppo delle “guardie” arrivò in ritardo o chiese soldi extra per il lavoro fuori orario. La conclusione anticipata dell’esperimento (6 giorni invece di 14) non fu legata solo alla registrazione dell’aumento dei casi di abuso, ma fu necessario un intervento di richiamo etico da parte di una persona emotivamente vicina al ricercatore. Mentre il gruppo dei “prigionieri” si senti giustamente sollevato dalle proprie sofferenze, non accadde altrettanto nel gruppo delle “guardie”.

Bibliografia:

Zimbardo, P. G. (1999). Esperimento Carcerario di Stanford. Retrieved from http://www.prisonexp.org/italiano/

Zimbardo, P. G., Maslach, C., & Haney, C. (2000). Reflections on the Stanford prison experiment: Genesis, transformations, consequences. Obedience to Authority: Current Perspectives on the Milgram Paradigm, 193–237.

(Gabriele Giacomelli)